Dott.ssa Giorgia Aloisio
La Psico-neuro-endocrino-immunologia (PNEI), neonata branca del sapere scientifico, ci ricorda continuamente che il nostro essere è un’unità, un tutto indivisibile di corpo e mente. Nei casi di stress, condizioni attualmente molto frequenti, il nostro cervello è indotto a liberare in modalità anomala sostanze chimiche (come il cortisolo, l’ormone dello stress) che portano all’organismo sofferenze e cronicità.
Quando la psiche è portatrice di un malessere, il soggetto può esserne cosciente ed esprimerlo, magari anche ricorrendo all’aiuto di uno specialista della salute mentale; se invece di questo disagio psichico non c’è consapevolezza e c’è scarsa dimestichezza con le faccende della psiche, è il nostro corpo a farsi portatore di questo pesante grido di dolore.
Questo meccanismo è noto, in psicologia, psichiatria e prima di tutto in psicoanalisi, con il termine “somatizzazione”: con questo processo, il corpo diventa portavoce di un malessere psicologico che nella mente sembra non avere modo di risuonare. Il fatto, poi, che oggi esista una branca del sapere che si chiama Psiconcologia (e sulla quale abbiamo scritto un post qualche tempo fa, che potete leggere qui) la dice lunga sulle connessioni tra salute mentale e corporea. L’oncologo Enzo Soresi ne ha scritto diffusamente in un testo facilmente reperibile e abbastanza divulgativo che ho inserito in bibliografia.
Sigmund Freud e l’isteria
Il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, fondò la propria teoria delle nevrosi proprio a partire dalle sue pazienti “isteriche”: attualmente, siamo abituati ad utilizzare l’aggettivo “isterico” – soprattutto declinato al femminile – per indicare persone nervose, di scarso impegno, che tendono ad incollerirsi per nulla o anche soggetti perennemente insoddisfatti, mentre il significato clinico di tale espressione è ben altro e su questo dobbiamo fare grande attenzione. Le pazienti isteriche di freudiana memoria erano donne che comunicavano, attraverso il canale corporeo, un conflitto squisitamente psicologico. Si trattava di pazienti che manifestavano problemi apparentemente organici privi, però, di un’origine fisica ben individuabile, un vero mistero per i medici dell’epoca! Tra di loro vi erano donne che manifestavano stati epilettoidi (che somigliavano cioè a crisi epilettiche ma che vere crisi non erano), che svenivano di frequente senza una causa somatica, pazienti con inspiegabili alterazioni della sensibilità o della motricità di alcune parti del corpo (fino al completo blocco degli arti), alcune sembravano addirittura soffrire di sordità o cecità temporanee, ad altre ancora si gonfiava incomprensibilmente l’addome pur non essendo in stato di gravidanza (casi, questi ultimi, successivamente denominati “gravidanze isteriche”). Il corpo, in tutti questi casi, veicola un disagio che origina nella psiche: quali sono le motivazioni di tutto questo “trambusto”?. Perché scomodare il corpo? E come avviene questo passaggio dalla mente al soma? Su questi temi si è scritto moltissimo e si continua a farlo, perché risposte univoche non ce ne sono e il rapporto che connette corpo e mente rimane ancora in gran parte oscuro e misterioso. Risposte definitive, quindi, non potrà fornirle neanche questo articolo, il che non significa evitare di porsi tali domande: è quando otteniamo tutte le risposte ai nostri quesiti che dobbiamo preoccuparci.
Somatizzazione e psicoterapia
Nel lavoro psicoterapeutico, ci troviamo molto spesso a confrontarci con corpi che soffrono: sono corpi spesso martoriati da cruente, sovrabbondanti indagini mediche, corpi sovrainvestiti di attenzioni, posti sul lettino operatorio come se fossero al centro di un palcoscenico, come se la mente non esistesse e la persona si riducesse al mero dato materiale. Il processo di somatizzazione può colpire persone di qualsiasi professione e qualsiasi livello sociale, anzi: le pazienti isteriche di Sigmund Freud erano tendenzialmente persone di ceto medio – elevato! Ciò significa che tra le cause di questo malessere non possiamo annoverare la mancanza di cultura. E nemmeno la mancanza di volontà: chi somatizza non lo fa per svogliatezza o mancanza di risolutezza – nonostante ciò non sia da escludere a priori in tutti i casi. Si tratta di persone che spesso hanno una vulnerabilità (genetica, familiare, psicologica) a scaricare tensione nervosa sul corpo: in situazioni stressanti, magari ripetute nel tempo, questo “sovraccarico” (appunto, lo stress) diventa talmente ingestibile da sfociare nel corpo. In altre parole, quando un soggetto in qualche modo predisposto in questo senso vive una o più condizioni critiche, il sintomo fisico prende il sopravvento e funge da valvola di sfogo per l’individuo: in questo senso possiamo vedere il disagio psicosomatico come una sorta di escamotage che ci permette di non soccombere. Spesso chi somatizza un disagio psicologico non ha avuto la possibilità di avvicinarsi alla psicoterapia, non ci ha mai pensato, nessuno l’ha mai indirizzato verso un dialogo interiore (che non richiede sempre l’intervento specialistico); in altri casi si tratta di persone poco inclini all’introspezione e quindi un lavoro psicologico su di loro potrebbe risultare molto faticoso o addirittura irrealizzabile.
L’elenco delle condizioni psicosomatiche è lungo e riguarda diversi distretti corporei: tra le patologie maggiormente diffuse nelle quali lo stress gioca un ruolo fondamentale ricordiamo la psoriasi, alcune forme di asma, alcune dermatiti, alcuni disturbi gastrointestinali e numerose malattie autoimmuni.
È più facile star male nel corpo?
Sembrerà una domanda insensata ma un corpo sofferente è ancora oggi preferibile, agli occhi di molti, ad una psiche in affanno. Da un punto di vista meramente sociologico, nel nostro paese viviamo ancora in mezzo ad una sorta di palude di pregiudizi che ci spinge a ritenere “deboli” e “inetti” coloro che soffrono nell’animo: chi è ansioso o depresso viene bollato come “sfaticato” e, per stare bene, dovrebbe banalmente farsi forza, un po’ come uno sfaccendato che timbra il cartellino in ufficio e se ne torna bellamente a dormire a casa. Quando invece il male è nel corpo, in qualche modo ci sentiamo alleggeriti dalle responsabilità individuali perché è come se in questo caso non fossimo noi i “padroni di casa”: ma perché? di chi è questo corpo malato? È sempre e solo preda di agenti esterni? Un corpo malato sembra esimerci da ogni responsabilità e il male fisico pare caderci addosso come una tegola in testa, un evento sfortunato nel quale noi siamo del tutto innocenti e irresponsabili. Inoltre, quando il corpo sta male, sembra che la medicina e gli operatori sanitari siano i detentori del potere sulla nostra salute: se stiamo bene dipende dalla terapia del medico, dall’intervento del chirurgo … così, ancora una volta, ci eliminiamo dalla scena, ci deresponsabilizziamo. In questo modo, diamo un grandissimo potere all’altro che a volte appare onnipotente: se tutto il nostro bene dipende dall’esterno, noi ci riduciamo a entità passive che “subiscono” trattamenti e che aspirano alla guarigione. Spesso, però, non ci rendiamo conto che con il nostro stile di vita possiamo eccome influire sul nostro corpo e sulla nostra salute!
Spesso, se il corpo è malato, possiamo ricorrere ad una serie di esami e trattamenti specifici: quando invece è un “male oscuro” (parafrasando Giuseppe Berto) che ci fa perdere il sonno e la voglia di sorridere, la questione si fa più complessa e proviamo impotenza nei confronti di questo nebuloso nemico interiore.
Benessere a 360°
Star bene significa occuparsi di sé in prima persona e in maniera attiva, sia del versante corporeo che del lato psicologico: vuol dire essere in contatto con le proprie emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo. Vuol dire anche saper comunicare nei modi corretti questo lato affettivo-emotivo, evitando di accumulare e reprimere ciò che non ci piace o che ci fa star male, comunicando all’altro gioia e dolore, evitando la passività e il vivere la vita da spettatori fuori campo. Benessere significa prenderci cura di noi in ogni aspetto, che sia medico, culturale, sociale, sportivo, senza poggiarci a corpo morto sull’altro e sulla sua scienza (vera o presunta), senza essere schiavi né dipendenti degli altri, delle loro pratiche, delle loro aspettative. In caso di disagio, occuparsi anche qui in prima persona di sé e rivolgersi agli specialisti appropriati, senza temere giudizi né pregiudizi, considerando l’essere umano come un individuo costituito da diverse parti, alcune corporee, altre impalpabili. E senza dimenticarci che l’essenziale è invisibile agli occhi (San Paolo).
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Bibliografia consigliata
Freud S., Breuer J. (1892 – 1895) Studi sull’isteria, OSF, Bollati Boringhieri, Torino
Galimberti U. (1987) Il corpo, Feltrinelli Editore, Milano
Goleman D. (2013) Intelligenza emotiva, Bur Rizzoli, Milano
Soresi E. (2006) Il cervello anarchico, UTET, Torino