Lo sport, agonistico e non, oltre all’aspetto prettamente corporeo, fisiologico, ha un lato squisitamente psicologico: tenacia, assetto motivazionale, prestazione, percezione del proprio corpo, costanza negli allenamenti, desiderio di ‘superare certi limiti’, gestione dello stress e pressione delle aspettative, rituali scaramantici prima della competizione, sono solo alcuni dei numerosissimi elementi che molto hanno a che fare con la mente dell’individuo e la sua relazione con la fisicità, propria e altrui.
Se poi pensiamo agli sport di squadra, entrano in gioco anche le dinamiche gruppali, non sempre di facile gestione: rivalità tra compagni della stessa squadra, competizione con gli avversari, funzionamento della squadra come gruppo, … solo per citare alcuni semplici ma efficaci esempi di equilibri squisitamente psicologici che contano quanto le prestazioni fisiche se non, a volte, anche di più: è quanto sostiene anche Daniele Popolizio, mental coach di alcune tra le nostre glorie sportive quali, per esempio, Federica Pellegrini e Carolina Kostner. In base all’opinione di questo preparatore sportivo, per vincere una competizione è indispensabile partire ‘dalla testa’: la preparazione mentale rappresenta il vero elemento vincente in grado di incidere in maniera significativa sulle prestazioni degli atleti. A quanto risulta dalla ricerca, è stato dimostrato che il 70% dell’esito di una gara sportiva dipende esclusivamente da fattori ‘psi’. Quando un atleta si allena, è importante che questi sia in grado di concentrarsi mentalmente e completamente sulla propria prestazione sportiva, cercando di dare il meglio di sé, esprimere e canalizzare le proprie potenzialità nel modo più efficace.
Federica Pellegrini durante una gara.
A volte, se pensiamo agli atleti più noti e famosi può ‘capitare’ di non ricordare che anche loro, nonostante la celebrità e l’indiscussa eccellenza, sono persone come noi e proprio per questo motivo, nonostante le vittorie, nutrono paure e si scontrano con debolezze del tutto umane, comprensibili e condivise. Ci potrà sembrare forse insolito, strano, bizzarro, ma anche atleti di chiara fama, di fronte alle difficoltà sportive, in alcune fasi della loro vita, sono preda di attimi di panico incontrollabili: è successo a molti sportivi e i mass media non ne hanno certo fatto mistero. Campionesse mondiali come Martina Grimaldi o la stessa pluripremiata Federica Pellegrini hanno sperimentato sulla loro stessa pelle momenti di angoscia, e questo è accaduto persino in acqua, proprio in quell’elemento che una nuotatrice dovrebbe trovare familiare e consono alla propria persona: eppure, la mente, in determinati momenti, può giocare questi ‘scherzi’ e compromettere in modo significativo persino il risultato di un’importante competizione. Queste paure dei nostri eroi sportivi, naturalmente, ci dispiacciono ma, allo stesso tempo, ci fanno tirare un sospiro di sollievo: non siamo gli unici a soffrire a causa delle nostre paure e a lottare affinché non prendano il sopravvento!
A proposito di lotte... Una scena da Braveheart, di e con Mel Gibson (1995).
Ed è proprio in questo ambito che entra in gioco il coach sportivo, figura professionale in grado di sostenere e spronare gli sportivi, venire loro in soccorso quando è necessario, pianificare interventi mirati o preventivi.
LO SPECIALISTA IN AMBITO SPORTIVO
Per diventare specialista in questo ambito è necessaria una laurea quinquennale in psicologia o in medicina con relativa iscrizione all’albo professionale di competenza: inoltre, è necessario possedere un master in coaching. Tra i compiti valutativi del coach ci sono l’assessment della personalità dell’atleta e della sua sfera emotiva, della capacità di resistenza allo stress, della conoscenza e applicazione di tecniche di rilassamento (esempio: training autogeno, biofeedback); il coach deve inoltre essere in grado di riabilitare uno sportivo a seguito di un infortunio, seguirlo in condizioni morbose (acute o croniche), diagnosticare l’eventuale presenza di disturbi di alimentazione, sonno e/o abuso di sostanze, promuovere i principi etici nello svolgimento e programmazione di attività sportive. La/il coach si occupa del singolo ma anche del gruppo sportivo, in quanto facilita la comunicazione, la cooperazione, il senso di appartenenza dei vari membri alla squadra e ricorda le finalità comuni, interviene a livello di organizzazione manageriale, è in grado di integrare approcci tra discipline differenti (fisiologia, psicofisiologia, psicologia cognitiva, psicologia sociale, …). Questa figura può lavorare all’interno di palestre, centri sportivi, federazioni, strutture alberghiere o psicopedagogiche, enti pubblici o privati, università.
Fonte: www.psy.it