“Lei medesima, stanca di quel lungo strazio, chiese allora d’entrar più presto che fosse possibile, nel monastero. Non c’era sicuramente chi volesse frenare una tale impazienza. Fu dunque fatta la sua volontà; e, condotta pomposamente al monastero, vestì l’abito. Dopo dodici mesi di noviziato, pieni di pentimenti e di ripentimenti, si trovò al momento della professione, al momento cioè in cui conveniva, o dire un no più strano, più inaspettato, più scandaloso che mai, o ripetere un sì tante volte detto; lo ripeté, e fu monaca per sempre”.
Da I Promessi Sposi, capitolo X
Dott.ssa Silvia Ferretti
E’ un semplice monosillabo, eppure spesso ci spaventa il solo pensiero di pronunciarlo. Proviamo a riflettere: chi di noi non ha avuto, almeno una volta nella vita, difficoltà a dire un no? Bhe, come in tutte le cose non si può fare “di tutta l’erba un fascio”, però vero è che non è sempre facile dire di no, o se vogliamo, è più semplice dire di sì. Pensiamo a quante volte abbiamo accettato una proposta che non ci piaceva affatto, abbiamo acconsentito a fare qualcosa che non ci andava di fare, o anche più banalmente abbiamo “mentito” in merito a nostri gusti o preferenze… in quelle occasioni, che cosa è scattato? Cosa ci ha portato a dire sì piuttosto che un no?
Perché è più facile dire di sì
Rispondere con un sì a tutto, anche quando si pensa l’esatto contrario, nasconde il bisogno di voler essere compiacenti nei confronti dell’altro, poiché si teme possa accadere qualcosa di troppo difficile da gestire. Più specificamente, si dice sì perché si pensa che con un no si rischierebbe di non piacere all’altro, o che l’altro possa giudicarci male, o che si possa perdere per sempre un’occasione importante.
Dire un sì, come si diceva sopra, è più semplice, ci salvaguarda da una serie di emozioni negative quali senso di colpa, paura, vergogna, imbarazzo.
Da un punto di vista neuroscientifico, sembra che il nostro cervello sia più sensibile al negativo che al positivo: le informazioni negative pare producano una più ampia attivazione cerebrale e un’attività elettrica della corteccia più rapida rispetto a quelle positive. Anche dal punto di vista della memoria, sembra che i ricordi negativi siano più forti dei positivi, in quanto fornirebbero la possibilità di non ricadere negli errori compiuti.
Nel momento in cui diciamo un no spesso si entra in contatto con uno spiacevole senso di colpa nei confronti dell’altro, si teme di averlo ferito, ci si angoscia di poterlo perdere o che comunque l’altro si arrabbi o, peggio, ci abbandoni.
L’importanza dell’Altro
Forse potremmo essere anche portati a dire sì dopo un no, mettendo in atto delle condotte riparatorie nei confronti dell’Altro, cercando di rimediare ad un presunto torto. In questo senso si può affermare che il dire un sì o un no ha a che fare con il legame con l’Altro, con il senso di appartenenza a una persona o a un gruppo. A questo proposito, uno studio condotto dalla psicologa e ricercatrice Vanessa Bohns e un gruppo di suoi collaboratori, pubblicato sulla rivista Personality and Social Psychology Bulletin (2014), afferma che addirittura si tenderebbe ad acconsentire a richieste non del tutto morali pur di non rischiare tutto quello che porta dire un no. Nello studio in questione, la dottoressa Bohns e i suoi collaboratori avevano chiesto a un gruppo di studenti universitari di scarabocchiare un libro in biblioteca. La metà degli studenti, senza distinzione di sesso, aveva acconsentito a deturpare il libro, e secondo l’autrice, il comportamento avuto da questi studenti era stato determinato proprio dalla paura di non sentirsi parte di un gruppo, di tradire le aspettative di un gruppo.
Insomma, nel nostro immaginario il no assume una valenza negativa e il solo pensiero di poterlo pronunciare ci fa sentire cattivi e in pochi attimi già ci immaginiamo soli e abbandonati dall’altro che ci addita come terribili persone.
Alcuni interrogativi
Stando a quanto detto finora, si potrebbe concludere che dire sì è più semplice, quindi è più conveniente, così non scontentiamo l’altro, gli facciamo del bene e siamo tutti più sereni.
Ma siamo proprio sicuri che funzioni così?
Per prima cosa…siamo davvero sicuri che dire sì all’altro gli faccia sempre e solo del bene?
E, seconda riflessione…anche se gli facessimo del bene, siamo proprio sicuri che anche noi stiamo tranquilli e sereni? Insomma, facciamo apparentemente del bene a una persona…ma noi? Il nostro bene dove va a finire?
Facciamo davvero del bene all’Altro?
Iniziamo dal primo punto. Noi pensiamo che dire sì ad una persona gli faccia del bene e quindi ci sentiamo buoni e gratificati, ma se ci riflettiamo con più attenzione forse arriviamo a comprendere che non sempre è così. Senza addentrarci in situazioni estreme o pericolose, pensiamo a contesti più semplici o all’ordine del giorno come il rapporto con un bambino. Quante volte l’adulto, che sia un genitore, un parente o un insegnante, tende a dire sì ad un bambino piuttosto che un no, solo per accontentarlo o ancora peggio per un tornaconto personale quale il non volerlo ascoltare o sentirsi buono.
Dire sempre sì ad un bambino non fa assolutamente il suo bene, anzi. Credo, tra l’altro, sia un tema molto attuale nei genitori di questa epoca che, forse per compensare carenze, accontentano costantemente i propri figli in tutto. Risultato? I bambini di oggi crescono come dei tiranni nel loro egoismo. Ovviamente per fortuna – è mio dovere sottolinearlo – questo non costituisce la regola. Lo si diceva anche in un post precedente, la generazione attuale è bombardata da troppi stimoli, i bambini sono riempiti di sì dei loro genitori, e, a mio parere, proprio a causa di ciò, entrano in confusione. Il bambino non ha colpa, può fare i capricci, essere più o meno lagnoso, ma sta nella sua natura. Assecondarlo in tutto, al contrario, costituisce una colpa, o meglio, parliamo di responsabilità. Insomma, se diciamo sempre sì al bambino, perché ci sentiamo in colpa di non prestargli sufficiente attenzione o tempo, perché non vogliamo sentirlo lamentarsi, perché così ci sentiamo buoni genitori o altre figure di riferimento, non dobbiamo poi lamentarci dell’atteggiamento tirannico e dispotico che il bambino, naturalmente, assumerà.
Secondo il mio parere, al contrario, un bambino chiede un no, ne ha disperatamente bisogno per porre dei confini tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, per fidarsi dell’adulto ed avere di lui un’immagine ben salda e chiara.
Dove andiamo a finire noi?
E qui, sconfiniamo nel secondo punto di cui abbiamo accennato. Dire no, non è vero che fornisce all’altro un’immagine negativa, anzi. Dire un no ci rende agli occhi dell’Altro persone sicure, l’Altro non ci abbandonerà solo perché gli abbiamo detto un no, anzi, avrà di noi stima e rispetto.
Ma ancora più importante è l’effetto che avrà su di noi. Quando noi diciamo un sì controvoglia, probabilmente accontentiamo l’Altro che senza dubbio sarà, sul momento, contento. Ma tradiamo noi stessi. Non ci ascoltiamo, o mettiamo a tacere i nostri bisogni, i nostri desideri, pensiamo di fare del bene all’Altro ma poi feriamo noi stessi, non accogliamo ciò che sentiamo, e questo non fa che generare rabbia. Pensiamo a quando accettiamo di fare qualcosa che non ci va, che non ci piace…come andiamo ad affrontare la situazione? Con poco entusiasmo, e soprattutto con rabbia che manifestiamo nei confronti della situazione ma che in realtà è rivolta verso noi stessi perché non abbiamo saputo dire di no, perché non ci siamo ascoltati sufficientemente e accolti.
La possibilità di dire no
Poter dire un no, corrisponde a capire che gli altri possono riconoscerci per quello che siamo anche se non si è d’accordo con loro. Dire no, mette in risalto i nostri bisogni, e fa comprendere all’Altro che siamo persone diverse con proprie esigenze da considerare e rispettare. Dire no ci restituisce una dignità, un rispetto per noi stessi, fa sì che possiamo proteggere la nostra individualità e i nostri bisogni, e tutelare i nostri valori.
Naturalmente non voglio banalizzare né affermare che dire un no è sempre così facile, ma credo sia importante e opportuno riflettere sul fatto che, ogni qual volta diciamo un sì quando in realtà avremmo voluto dire un no, non ci si rispetta, non ci si autoafferma, non ci si accoglie.
E non si deve dimenticare che l’Altro, se ci stima, se ha rispetto di noi, non se ne andrà per un semplice no.
Infine, ogni volta che si dice un no, dovremmo mettere sul piatto della bilancia il rischio di perdere l’Altro e quello di perdere una piccola parte vera e genuina di noi.